I Racconti Dello Stomaco

Il mondo con gli occhi e la fame di un gastronauta

Si fa presto a dire Tartufo

Tutti abbiamo sentito parlare e assaggiato una volta il tartufo (o almeno qualcosa che vi hanno detto essere preparata col tartufo). La verità è che nonostante questo prodotto sia famosissimo in tutto il mondo il consumatore medio e anche alcuni cuochi ne sanno davvero poco prestando il fianco a clamorosi abbagli e addirittura a qualche truffa. Ecco perciò la risposta alle domande che vi siete posti o vi sareste dovuti porre parlando di tartufo.

Cos’è il Tartufo? Il tartufo, nonostante il nome scientifico di tuber, non è imparentato con le patate ma è a tutti gli effetti un fungo ipogeo che cresce in simbiosi con altre piante come le querce, i lecci, i noccioli e i carpini ma anche pioppi, pini e salici.

Dove e come si raccoglie il tartufo? Il nero pregiato e lo scorzone sono diffusi su quasi tutto il territorio nazionale, il bianco lo si trova invece nelle aree appenniniche in particolare al centro e al nord. Le zone più vocate e famose sono quelle di Alba in Piemonte e Acqualagna nelle Marche che detengono anche le più note e antiche fiere dedicate al tartufo. La raccolta sia in natura che in tartufaia avviene con l’aiuto dei cani specializzati. Grazie al loro olfatto particolarmente sviluppato sono in grado di riconoscere i tartufi maturi pronti per la raccolta da quelli acerbi. La tradizione poi indica anche il maiale come animale adatto alla cerca del tartufo, in realtà però i suini non sono in grado di distinguere la maturazione del prezioso fungo e rischierebbero di danneggiare il prodotto e la tartufaia scavando i frutti non maturi. Una volta individuato il punto esatto il tartufaio scava una picccola  buca sufficiente ad estrarre il raccolto senza danneggiarlo. La buca poi viene subito richiusa in modo da non danneggiare il fungo che si trova nel terreno. La raccolta del tartufo è un’attività che richiede esperienza, pazienza e profondo rispetto per la natura e conoscienza del territorio, per questo l’arte de “La Cerca e la Cavatura del Tartufo in Italia” è stata inserita nel Patrimonio Immateriale UNESCO col fine di tutelare e diffondere questa pratica.

Che differenza c’è tra il tartufo raccolto e quello coltivato? Non ci sono differenze dal punto di vista qualitativo e organolettico tra un tartufo spontaneo e uno coltivato.  Va anche detto che quella del tartufo non è  una vera e propria coltivazione ma è più che altro una gestione del territorio che avviente impiantando specie simbionti, pulendo il bosco e in alcuni casi irrigando. La produzione del tartufo poi non è esattamente una “scienza esatta” ma deve fare i conti con moltissimi fattori naturali per cui non è assolutamente garantito che sia sufficiente impiantare degli alberi “micorizzati” con spore di tartufo per avere il prodotto. In particolare i cambiamenti climatici stanno causando notevoli problemi al settore e in alcuni casi in assenza di precipitazioni si è reso necessario irrigare gli appezzamente con notevole aumento dei costi di gestione. Discorso a parte è poi necessario per il tartufo bianco che a differenza del nero non è coltivabile in quanto la produzione non avviene direttamente nei pressi della pianta ma il fungo si sposta nel terreno alla ricerca del miglir habitat. Di conseguenza la produzione di bianco non può essere programmata ma solamente favorita con la lavorazione del terreno e il mantenimento dell’ambiente naturale. Alcuni tartuficoltori stanno provando a mettere a punto delle tecniche di coltivazione anche per questa tipologia, tecniche che se dovessero aver successo salverebbero una produzione che in alcune aree è stata messa a rischio dallo sconvolgimento climatico e dall’abbandono dei terreni.

Quanti tipi di tartufo esistono, quando si raccolgono e come si consumano? In Italia esistono 6 tipologie di tartufi che possono essere consumati. Ogni varietà si raccoglie in periodo specifico dell’anno, ha proprie caratteristiche organolettiche e va consumato in modo specifico per evitare di rovinare uno degli ingredienti più importanti e costosi della nostra cucina. Qui di seguito sono elencati i tartufi che potete trovare in commercio e le indicazioni su come consumarli.

– Il Tartufo Bianco (tuber magnatum pico) – raccolta da ottobre a gennaio: il re della tavola caratterizzato da una buccia esterna quasi liscia di colore giallo  biancastro e l’interno di tonalità dal marrone al rosso con le tipiche striature bianche. Ha un forte aroma e un gusto delicato e va consumato esclusivamente crudo, tagliato a lamelle sopra le pietanze. Si abbina alle paste in bianco e all’uovo e comunque a piatti delicati e poco conditi.

– Tartufo Bianchetto (tuber Borchii) – raccolta da fine gennaio ad aprile: di colore esterno simile al bianco ma all’interno si presenta di colore più scuro tendente al marrone con venature bianche, ha un aroma meno forte del sul simile e in fase di maturazione prende un profumo e un gusto tendente all’agliaceo. Si abbiana a crudo, tagliato a lamelle su risotti, vellutate e nella mantecatura delle paste.

– Tartufo Nero Pregiato (tuber melanosporum) – raccolta da dicembre a marzo: ha scorza nera e rugosa e interno nero violaceo con sfumature bianche. Ha un profumo delicato con sentori di sottobosco si consuma tagliato a lamelle e leggermente scaldato, Gli abbinamenti sono con paste in bianco con cui può essere mantecato, uova, zuppe e carni.

– Tartufo Nero Estivo o Scorzone – raccolta da giugno ad agosto: ha una scorza scura e verrucosa e una polpa color nocciola. Ha un profumo delicato che ricorda il fungo e un sapore più forte che può assomigliare ai porcini. Si consuma grattugiato e cotto per mantecare paste e risotti. Si può accompagnare alle carni ed è spesso utilizzato per prepare insaccati e formaggi. A volte lo si vede lamellato a crudo sui piatti per pura questione estetica dato che questo tartufo necessita di essere cucinato per esprimere aromi e sapori.

– Tartufo Nero Uncinato o Scorzone invernale – raccolta da ottobre a dicembre: molto simile alla versione estiva con la scorza irregolare e una polpa però più scura con un marrone più intenso e venature bianche. L’aroma e il sapore sono delicati e ricordano porcini e nocciole. Anche questo tartufo si consuma previa cottura ed è consigliabile grattugiarlo. Gli abbinamenti sono gli stessi del suo collega estivo.

– Tartufo Brumale (tuber brumale) – raccolta da dicembre a marzo: viene spesso confuso con il nero pregiato dato l’aspetto simile e il medesimo periodo di raccolta. Allo sguardo la differenza principale si ha nella polpa (gleba) che a differenza del nero pregiato è più chiara tendente al grigio. La differenza principale però sta nel profumo, meno delicato del pregiato e con note che ricordano il muschio e la noce moscata. Si consuma sia crudo che cotto su risotti, paste farcite, pizze e carni rosse.

Come sono fatte le salse e gli oli al tartufo? Esistono poi molti preparati a base di tartufo, salse, oli e condimenti vari la maggior parte dei quali non ha quasi nulla a che vedere con il prodotti naturale. Si tratta infatti di impasti di prodotti vari con scorzoni, funghi e altro con l’aggiunta dell’aroma di sintesi del tartufo bianco (bismetiltiometano) che conferisce a questi prodotti un odore pungente e un sapore che nulla ha a che fare con quello del prodotto origianale. Ovviamente ci sono anche produttori di qualità che realizzano dei preparati usando vero tartufo. Naturalmente i prezzi sono forzatamente più alti ma il risultato è decisamente migliore e sicuramente più appagante. Il consiglio quindi è sempre di leggere bene le etichette valutare bene quello che si acquista.

Come avrete capito quello del tartufo è un mondo complesso e affascinante e solo conoscendolo potremo essere in grado di dare il giusto valore ad un prodotto che è il simbolo della sinergia tra uomo e natura.

 #tartufodascoprire in collaborazione con Copagri Marche e Camera di Commercio delle Marche