Il cibo è di moda! Non si può negare…basta accendere la televisione o farsi un giro su internet… è tutto un fiorire di gente, più o meno capace, che spadella, parla di cibo, presenta ricette e declama prodotti tipici. Un tempo i sex symbol erano cantanti e calciatori, oggi sono i cosiddetti “Cuochi Stellati“…si sa in tempi di crisi un cuoco in casa fa sempre comodo, come diceva Totò in “Miseria e Nobiltà”. In principio era “La Prova del Cuoco” poi i cloni hanno conquistato l’etere… Il massimo poi ce lo offrono certi presunti chef americani e inglesi che pretendono di mostrare ai loro concittadini la cucina italiana. Roba da rabbrividire. La cosa sconcertante è che poi questi programmi ce li ripropongono a noi italiani e abbiamo anche il coraggio di guardarli! Poi c’è quel sedicente chef che si fa portabandiera delle tipicità locali e della buona cucina salvo poi vendersi alla più grande multinazionale delle schifezze gassate… Carlo Petrini l’ha definita “Pornografia Gastronomica” in quanto è un voler mostrare a tutti i costi il cibo senza mai approfondirne seriamente gli aspetti gastronomici intesi come storia, cultura, scienza, agricoltura ecc. (perchè la gastronomia è una scienza completa!).
In tutto questo però ci trovo una spiegazione sociologica (i sociologi mi perdoneranno). Il consumo alimentare è l’ultimo baluardo che ci resta per esprimere la nostra cultura e la nostra personalità. La crisi ci ha tolto (parlo della media della popolazione) la capacità di spendere per il superfluo, la globalizzazione ci ha tolto le identità culturali…cosa ci resta se non il cibo??? Il cibo è una spesa necessaria e un connotato forte della nostra cultura. Ci aggrappiamo ad esso per esprimere la nostra personalità tramite le scelte di consumo e per sentirci parte di una cultura importante come quella enogastronomica. “Manduco ergo sum!” (Mangio dunque sono) potrebbe riassumere questa nuova forma di affermazione dell’identità.
Per finire l’auguro che mi faccio (molto utopico) è che si passi dal semplice voyeurismo gastronomico ad una vera presa di coscienza della nostra cultura culinaria millenaria, un patrimonio che va difeso senza programmi televisivi e chef alla moda ma con una vera consapevolezza del valore sociale, ambientale ed economico che nasconde.