I Racconti Dello Stomaco

Il mondo con gli occhi e la fame di un gastronauta

#raccontisullarouteone: stage 6

Da Eskifjordur ad Akureyri

La sveglia suona presto, oggi ci attende la tappa più lunga e intensa del nostro tour islandese, 320 chilometri con molte deviazioni. Ci lasceremo alle spalle i fiordi dell’est e attraversando l’altopiano centrale, arriveremo sulla costa nord. Lungo il tragitto ci aspettano alcune delle più straordinarie meraviglie dell’isola.

Da Eskifjordur ci inerpichiamo sulla statale 92 che sale in un panorama pressochè alpino fatto di montagne già spruzzate di neve e aree ampie boscose. La strada è perfetta e in poco tempo raggiungiamo la cittadina di Egilsstadir nei pressi del lago Lagarfljot, famoso per la credenza che nelle sue acque si celi un mostro alla Loch Ness.

Non ci soffermiamo troppo dato che la cittadina è più che altro un centro industriale e non siamo neanche troppo convinti di voler cercare il famoso mostro del lago perciò tiriamo dritti immettendoci nella Route One che ci condurrà verso l‘Ódáðahraun, il desertico altopiano centrale.

Chilometri di nulla sul nastro d’asfalto che corre sopra ad una nera distesa di lava. Il panorama è decisamente inospitale e le uniche forme di vita sono i licheni che colonizzano le formazioni rocciose. Sullo sondo appaiono quasi inquietanti le sagome di numerosi coni vulcanici su tutti si staglia il massiccio profilo dell’Askja, tra i più grandi vulcani islandesi con i suoi 1500 metri di altezza. Per noi e la nostra modesta Fiesta arrivarci sarebbe impossibile e ci limitiamo ad osservarlo da lontano con un po’ di rimpianto.

Fortunatamente non dobbiamo fare ancora molta strada per raggiungere la prima vera sosta di giornata: la cascata di Dettifoss, la più grande d’Europa per portata d’acqua, ben 200 metri cubi al secondo che si gettano nel canyon formato dal fiume Jokulsa a Fjollum. Alla cascata si arriva prima percorrendo la strada asfaltata che devia per alcuni chilometri dalla hringvegur (consiglio il versante occidentale perchè è più agevole e decisamente più panoramico) poi, dopo aver parcheggiato, un comodo sentiero conduce al belvedere che affaccia a strapiombo sul salto. Lo spettacolo è impressionante e vale la pena sopportare la grande quantità d’acqua nebulizzata che arriva in faccia e solleva spruzzi sono visibili a oltre 1 chilometri di distanza che formano spettacolari arcobaleni.

Con un altro facile sentiero si raggiunge anche un altro salto chiamato Sellfoss, più basso ma comunque imponente e bello da vedere.

Riprendiamo la ring road e dopo non molto incrociamo la strada per il Viti Crater, seconda tappa di giornata. La strada sembra arrampicarsi su pendii marziani, con rocce che vanno dal rosso al giallo intenso, tra emissioni gassose e un forte odore di zolfo. Avanziamo in questo territorio fino ad una grande centrale geotermica che sembra uscita da un film di fantascienza. A guardarla in questo ambiente si direbbe più un insediamento umano su Marte, fatto di condotte che corrono sul terreno intervallate da grandi cupole metalliche. Superata la centrale la strada sale rapidamente verso il bordo del grande cratere spento. Qui lasciata l’auto si prosegue a piedi lungo il bordo del cratere che cela al suo interno un azzurrissimo lago. Il contrasto di colori è incredibile: il blu intenso del cielo e del lago è spezzato dal rosso scuro della pietra e dal giallo degli affioramenti sulfurei. In basso la pianura lavica  invece è nerissima. L’Islanda ci stupisce ogni giorno di più.

Avanziamo verso altri crateri minori tra rocce incandescenti e ruscelli di acqua calda mentre l’odore di uovo marcio si fa quasi insopportabile. Vorremmo proseguire l’esplorazione ma il tempo stringe, Akureyri è ancora lontanissima e c’è ancora molto da vedere lungo il percorso.

Un ultimo valico in un paesaggio vulcani porta la Hringvegur ad affacciarsi sul grande lago Mivatn. Il lago è circondando ma centinaia di piccoli crateri, la cui lava incandescente a contatto con l’acqua del lago ha dato origine alle curiose formazioni rocciose che circondano l’invaso.

E’ ora di pranzo e la Lonely ci suggerisce un ristorante-fattoria nei pressi della riva est il Vogafjos Cowshed Cafè. In effetti il posto sembra interessante: la sala da pranzo del locale è ricavata esattamente nella stalla e condivide con essa un’ampia parete vetrata. In pratica si mangia faccia a faccia con le vacche. Scegliamo di assaggiare i prodotti della fattoria e dei dintorni del lago ovvero trota affumicata, skyr, formaggio fresco con erbette fresche, pane “geotermico” cotto sotto terra e omelette. Tutto ottimo davvero, specialmente la trota che scopriamo essere pescata sul posto e affumicata in un piccolissimo stabilimento a un centinaio di metri dal ristorante. Decidiamo perciò di andare direttamente alla fonte per acquistare un souvenir da riportare a casa.

Al nostro arrivo capiamo subito di essere nel posto giusto: l’odore è decisamente “interessante”. L’essiccatoio poi è sicuramente il meglio della tecnologia islandese: un vecchio furgone ormai cadente nel quale le trote sono poste ad essiccare su dei fili mentre un ventilatore sistemato alla meglio fornisce l’aerazione necessaria. Poco oltre scorgiamo l’affumicatoio: una catapecchia di legno da cui fuoriesce fumo, ma non dal camino, bensì dagli interstizi tra le assi stesse che la compongono. Qui evidentemente non usano fumo chimico o schifezze simili.

I prezzi sono ottimi e facciamo una bella scorta di filetti di trota, rigorosamente sottovuoto per evitare che la macchina perda il suo irrinunciabile aroma di baccalà essiccato.

Ripartiamo costeggiando il Myvatn su una strada secondaria prima di rientrare sulla solita route one che ormai punta decisa verso nord. Prima dell’arrivo ci resta un ultimo posto da vedere, l’ultima cascata del nostro giro d’Islanda: Godafoss, la cascata degli Dei.

Non è nè la più grande per porta, nè la più alta eppure Godafoss ha un fascino unico. Sarà per la sua conformazione semicircolare che abbraccia il visitatore con il suo turbinio fragoroso, sarà per il cielo velato che tende un po’ al viola ma rimaniamo colpiti da questa ennesima dimostrazione di forza e bellezza della natura. La leggenda narra che quando l’Islanda si convertì al Cristianesimo, intorno all’anno mille, Þorgeirr Ljósvetningagoði (provate a pronunciarlo), capo della fazione pagana gettò nella cascata tutte le statuette degli idoli pagani.

Akureyri ci accoglie nel tardo pomeriggio con la sua aria di cittadina ordinata e e insolitamente allegra. Qui evidentemente il turismo è un’importante fonte di reddito e nella via principale non mancano negozi di souvenir e tipicità locali insieme a qualche bel localino dove passare piacevoli serate. Il pernotto è da tempo prenotato presso un Host di Air B&B che ci fa trovare la chiave sulla porta avvertendoci che purtroppo non sarebbe stato in città. Peccato penso, sarebbe stata l’occasione per fare due chiacchiere con qualcuno del posto. Comunque l’appartamento a noi riservato risulta perfetto, pulito, caldo e accogliente.

Decidiamo di uscire per la spesa e una birra nel centro del paese. La gente è cordiale, sorridono gentilmente. Una signora al supermercato cerca di scambiare con noi qualche parola e in un italiano stentato ma comprensibile ci racconta che sua sorella è sposata con un Brindisino e ora vive lì. Per lei andarla a trovare è un po’ come andare in Africa…troppo lontano e troppo caldo ma si sa il fascino degli abitanti del bel paese non tramonta mai.

In birreria Gianluca può finalmente bere della vera birra, al posto della maledetta light, e non si risparmia e nemmeno noi. Prima di cena siamo già brilli ma al b&b ci rifacciamo con un sontuoso piatto di pasta al salmone, giusto premio per questa giornata on the road.

Indirizzo: Akureyri, Islanda

Lat: 65.68849209999999

Lng: -18.126169300000015

Indirizzo: Akureyri, Islanda

Lat: 65.68849209999999

Lng: -18.126169300000015