I Racconti Dello Stomaco

Il mondo con gli occhi e la fame di un gastronauta

Il Picciolo di Rame: un viaggio nel tempo e nel gusto

Andare a cena in questo locale va ben oltre il semplice concetto di mangiare. Il Picciolo di Rame nel Castello di Vestignano a Caldarola non è un semplice ristorante è una sorta di “scatola del tempo”. Appena entrati  veniamo catapultati indietro nel tempo: il locale infatti è ricavato da un frantoio del 1400 perfettamente conservato, con la macina ancora in piedi e il torchio in legno che sembra appena stato usato. L’arredamento è semplice ma perfettamente in tema: tavoli in legno grezzo e le curiose sedie a tre piedi in perfetto stile medioevale. Ad accoglierci c’è Silvano Scalzini, l’istrionico proprietario: sarà lui a guidarci in questo viaggio nel tempo. Il menù è fisso e decisamente lungo e composto interamente da piatti tradizionali o fortemente legati al territorio. Ogni pietanza che ci viene servita è accompagnata dalla sua storia: Silvano ci spiega esattamente perchè ha scelto di servirci quel piatto e ci racconta la storia che c’è dietro quella ricetta e perchè veniva realizzata proprio in quel modo. Ci fa capire come  ogni ricetta tradizionale nasca dalla necessità e dall’opportunità di utilizzare al meglio ciò che la terra metteva a disposizione.

Iniziamo con una bruschetta con olio extravergine di varietà autoctona Coroncia, poi una minestra di quadrucci acqua e farina con lardo e piselli. Poi l’acqua cotta, il piatto dei pastori realizzata con pane raffermo, cipolla, pomodoro e finocchio selvatico, un perfetto esempio di piatto nato dalla necessità di sfamarsi durante il pascolo in montagna con quel poco che il pastore poteva portarsi dietro e con quello che la terra offriva (finocchio selvatico). Poi è la volta del riso con guanciale e foglie d’aglio e Silvano prontamente ci spiega che il riso anticamente era coltivato nelle zone umide lungo i fiumi marchigiani prima che queste venissero bonificate. La lunga serie degli “antipasti” si conclude con la lenticchia con 15 erbe dei sibillini, un piatto semplicemente eccezionale. I primi non sono da meno con il carciù ripieno di ricotta con fonduta di pecorino e tartufo. Un raviolo enorme perchè un tempo le donne che facevano la pasta in casa non avevano certo tempo tempo di cesellare ravioli piccolini e con uno enorme si faceva certamente prima. Poi la gricia e le tagliatelle col sugo dei vincisgrassi, quello vero fatto con ragù di pollo e papera senza soffritto ma solo con acqua come si faceva tanto tempo fa durante la trebbiatura. I secondi non sono da meno: una sorta di porchetta “destrutturata” preparata con spezzatino di maiale, guanciale fave e finocchio selvatico e uno spezzatino di tacchino e capperi anche questi abbondanti lungo le mura dei nostri castelli. Per concludere il tutto con i ciauscolo quello vero, preparato personalmente da Silvano con il maiale di casa. La cena si è conclusa con una classica e marchigianissima crema accompagnata da da un insolito vino zibibbo prontamente giustificato da Silvano con un bell’elenco di similitudini tra la nostra cultura e quella isolana.

Insomma più che una cena una vera e propria lezione sulla storia e la cultura gastronomica della nostra regione, condotta da Silvano con simpatia e competenza. Parlando con lui si sente subito l’amore che nutre per il nostro territorio e le sue tradizioni, un personaggio speciale da conoscere assolutamente.