Tra i prodotti più conosciuti e apprezzati del nostro territorio vi è sicuramente il Ciauscolo. La sua origine si perde nella notte dei tempi ma il luogo d’origine sembra sia proprio nella zona dell’alto maceratese tra Sarnano, Visso e Camerino. Secondo alcuni il nome deriverebbe dal latino “Cibusculum” ovvero piccolo cibo, mentre per altri è più verosimile che tragga origine dall’espressione dialettale maceratese “lu ciausculu” che stava ad indicare il budello gentile del maiale. Quale che sia l’origine incerta del suo resta la certezza della sua bontà, si tratta infatti di un salame morbido, spalmabile, costituito da polpa di spalla, lonza, pancetta, rifilatura di prosciutto, tritate finemente fino ad ottenere una polpa cremosa. A questo punto si aggiungono vino rosso, sale, pepe e aglio pestato, solo in alcuni casi inoltre si aggiunge il fiore di finocchiella o il tartufo. L’impasto viene insaccato nel budello gentile e sfumato per tre settimane con il fumo di un camino in cui vengono bruciati lentamente arbusti di montagna. Un’altra variante prevede l’impiego di fegato e carne di maiale con buccia d’arancio e noce moscata. Tra i molti produttori va menzionato sicuramente Giorgio Calabrò erede di una vera e propria dinastia di norcini produttori di ciauscolo. Nella sua macelleria, proprio in piazza Capuzi, a Visso, produce i suoi salumi con l’arte e la maestria di un tempo utilizzando carni di produzione locale. Se però entrate nella sua macelleria, come in altre piccole botteghe norcine di Visso del ciauscolo non v’è traccia! Eh si perchè da qualche anno il celebre salume ha ottenuto una discutibile denominazione “IGP”(Indicazione Geografica Protetta), voluta e creata ad arte dall’industria alimentare locale, talmente distante come parametri dal ciauscolo originale che molti piccoli produttori, tra cui lo stesso Calabrò, hanno preferito non aderire a un disciplinare assurdo che prevede l’uso di conservanti, di carni provenienti dalla grande distribuzione e un costo di adesione annuo insostenibile per un piccolo produttore. Proprio perchè si tratta di IGP le carni non necessariamente devono provenire dal territorio locali ma possono anche arrivare dall’estero! (Per Calabrò e compagnia suona come una bestemmia). Perciò nelle varie botteghe tradizionali vissani non è più possibile trovare la scritta “Ciauscolo” (l’utilizzo di tale denominazione infatti è riservata a chi aderisce all’IGP). I piccoli produttori si sono arrangiati con nomi di fantasia poco credibili: “Vissuscolo“, “Morbidone“, “Salame spalambile” e via dicendo… Anni e anni di storia e tradizione buttati via per l’interesse di alcuni… Ma una speranza forse c’è! I piccoli produttori si stanno riorganizzando e sono pronti al contrattacco con la creazione di una “DOP” (Denominazione di Origine Protetta) del ciauscolo tradizionale. L’intento è quello di replicare quanto già accaduto con l’Aceto Balsamico a Modena dove ad un’IGP in mano all’industria è stata affiancata una DOP per proteggere le produzioni tradizionali di qualità. A questo punto non ci resta che sperare e ricordare che la qualità e la tradizione non possono seguire solo le logiche del denaro e che mille denominazioni non possono sostituire anni di storia.